La solidarietà come chiave per affrontare le difficoltà della vita, e superare la sofferenza che, oggi, accomuna tanti ragazzi e ragazze. È questo il tema centrale di La voce di Iside, il nuovo libro di Claudia Conte

Giornalista e scrittrice, Claudia Conte fa volontariato «da sempre». Avendo provato sulla propria pelle il potere benefico su chi la compie, ha scelto di mettere la solidarietà al centro di un romanzo, La voce di Iside (edito da Readaction e Demea Eventi Culturali). Protagonista, una diciottenne che, dopo la pandemia di Covid 19, si è chiusa in un mutismo selettivo. Pressata dal peso del prorio futuro, divisa tra paura e coraggio, si riaprirà al mondo proprio aiutando chi ha bisogno di lei. Incuriosita da un bando del servizio civile, si impegna accanto alle vittime di violenza di genere, e rinasce. Può funzionare davvero così? Il volontariato può essere un antidoto alle ansie e alle sofferenze così diffuse nelle giovani generazioni? Lo abbiamo chiesto all’autrice.

Il volontariato, una “cura” per il disagio dei giovani. Come nella storia di Iside

«Si parla spesso dello sport, come di un antidoto sociale per aiutare i giovani a vivere meglio. Meno del volontariato», spiega Conte. «E invece io ne sono profondamente convinta: confrontarsi con realtà difficili ed entrare in contatto con persone che vivono situazioni al limite, può cambiare la percezione che i giovani hanno di loro stessi. In particolare di quelli che, come Iside, si sono chiusi in se stessi. Penso, per esempio, agli hikikomori, o ai neet».

Tante sono le opportunità, e ognuno può trovare quella più in linea col proprio carattere: «Per esempio, scegliendo il servizio civile», suggerisce l’autrice. «Oppure il volontariato con una delle tante associazioni e onlus presenti in Italia, da Caritas a Legambiente, alla Comunità di Sant’Egidio. Ma un primo, semplicissimo passo per capire che cosa si prova a dare qualcosa di sé agli altri è donare il sangue».

Claudia Conte: «La pandemia ci ha cambiato, insegnandoci la solidarietà»

Claudia Conte parla con cognizione di causa. «Faccio volontariato da sempre: ero bambina, in Ciociaria, e accompagnavo mia madre nei suoi servizi alle persone povere. Ma qualcosa è cambiato, in me, durante la pandemia: ho scelto di impegnarmi e andare a fare i tamponi ai sospetti Covid, durante la prima ondata. Ho visto padri salutare per l’ultima volta i figli, senza sapere che quello era il loro ultimo saluto. Sono stata inconsciente, ma quest’esperienza mi ha trasformato».

Oggi Conte trova spazio per il volontariato nella sua quotidianità tutte le settimane. Si occupa degli orfani ucraini, organizzando missioni e mettendoli in contatto con loro coetanei italiani. Va in carcere, a incontrare le detenute. E la sua attenzione agli altri orienta anche i suoi servizi giornalistici. «Per me è una missione spirituale, ho il dono della fede. Ma il volontariato è anche una cura per me. L’esperienza del fare del bene fa bene innanzitutto a me».