Guerra in Medio Oriente, l’intervista al presidente della Comunità Ebraica di Roma: “Il popolo palestinese è vittima di Hamas”

Siamo nella sede della Comunità Ebraica di Roma con il Presidente Victor Fadlun, manager nel real estate. Dal 2023 Presidente della Comunità ebraica di Roma, una realtà da sempre parte integrante della storia e della cultura della nostra città. La sua presidenza in un periodo storico tra i più difficili e dolorosi dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Dopo l’attentato terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas sul suolo israeliano, sono esplosi brutali e inaccettabili atti di antisemitismo che ci preoccupano perché sono diffusi purtroppo ovunque, dalle scuole, agli ambienti universitari, al web, alle piazze. Presidente, come state vivendo questo momento così doloroso per voi, ma anche per tutti noi?

Come ha ricordato, la nostra è una comunità antica e molto ben inserita nella città. La presenza ebraica a Roma è ininterrotta da 2000 anni. In questo periodo noi cerchiamo di condurre la nostra vita in un modo il più possibile normale, perché la vita deve andare avanti. Le attività comunitarie e personali devono proseguire con una relativa serenità, ma sempre con un occhio di attenzione in più. Sicuramente sentiamo su di noi il peso anche emotivo di questo grande rigurgito di antisemitismo che si sta affermando non solo a Roma o in Italia, ma purtroppo in tutto il mondo.

Quale è oggi la situazione a livello di sicurezza? Vi sentite protetti dalle forze dell’ordine e dal Viminale? 

Sicuramente sì. C’è un dialogo continuo, ed è un dialogo che non nasce oggi ma ha origini più antiche. Purtroppo il 9 ottobre 1982, giorno della benedizione dei bambini, ci fu un tremendo attentato a Roma al Tempio Maggiore. Un gruppo di terroristi palestinesi con mitragliatrici e bombe colpì gli ebrei, un bambino perse la vita e ci furono 40 feriti anche gravi. Da quel momento è nata una collaborazione, e c’è una grande sensibilità da parte di tutte delle diramazioni del Ministero dell’Interno per proteggere e monitorare la situazione.

 

L’intensificarsi degli episodi di antisemitismo dopo il 7 ottobre ci fa pensare che in realtà l’odio verso gli ebrei non fosse mai stato davvero sconfitto… 

Sì, ho la certezza che l’antisemitismo sia sempre vissuto a livello carsico nelle coscienze di tante persone, anche a noi vicine. Negli ultimi tempi abbiamo visto episodi – come il danneggiamento delle pietre d’inciampo dedicate ai deportati – e l’intensificarsi delle scritte sui muri – scritte oltraggiose e minacce contro gli ebrei, contro Israele, contro il sionismo. Tutto questo non può essere nato dal nulla in pochi mesi… È qualcosa che era lì, sopito e che oggi riesce fuori in tutta la sua virulenza, la sua antidemocraticità.

Giorni fa la Senatrice a vita Liliana Segre, che è una dei pochi sopravvissuti all’Olocausto ancora viva, ha ripetuto che “teme di aver vissuto invano”. È una dichiarazione che mi ha ferito, perché lei ha lavorato tanto nelle scuole, nei luoghi di cultura, testimoniando la Shoah e cercando di creare una nuova coscienza e una conoscenza più oggettiva di quello che è accaduto, di cos’è il male dell’antisemitismo. E se lei ci dice che le sembra di aver vissuto invano, veramente lascia tanto da pensare…

Lascia tanto da pensare, però ci lascia ancora di più la responsabilità di continuare la sua missione e di farlo tutti insieme. Presidente, come si combatte l’antisemitismo? 

Combattendo le fake, siamo inondati di notizie false di cui siamo vittime. Ad esempio, quando si fa la distinzione inesistente fra antisemitismo e antisionismo, che è una contraddizione in termini. Lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua ha definito il sionismo come la convinzione che lo Stato di Israele appartenga non solo ai suoi cittadini, ma a tutti i componenti del popolo ebraico, ovunque essi vivano nel mondo.

Il legame che esiste tra il popolo ebraico e la terra d’Israele è un legame spirituale profondissimo. Negare il diritto degli ebrei di vivere nella terra di Israele significa negare il diritto all’esistenza dello stesso popolo ebraico.

Ma ci sono altri esempi di queste fake. Dopo l’attacco drammatico del 7 ottobre, ci fu una prima fase di indignazione collettiva della società democratica, ma pochi giorni dopo è stato messo in secondo piano l’orrore e si è cominciato a criticare lo Stato di Israele per la sua volontà di reagire e di difendere la sua popolazione, di recuperare gli ostaggi, che purtroppo sono stati portati via e costretti in cattività nei tunnel di Gaza. Si usano due pesi e due misure.

Io voglio ricordare a tutti l’attacco delle Torri Gemelle a New York. Fu un atto terroristico immane con migliaia di morti. La reazione degli Stati Uniti è stata estremamente forte. Hanno iniziato una guerra in Iraq e in Afghanistan, che è costata moltissime vittime, per andare a stanare e distruggere quelle cellule terroristiche così pericolose. Certamente gli Stati Uniti hanno ricevuto critiche, ma non attacchi tali da mettere addirittura in dubbio il suo diritto a esistere e il suo diritto a difendersi.

Quindi c’è tanta ideologia, tanta propaganda, nonché una distorsione della realtà. Vedere nei cortei persone, anche ragazzi giovanissimi, e questo è davvero molto preoccupante, che inneggiano ad Hamas senza pensare che si tratti di un gruppo terroristico che il 7 ottobre ha fatto delle nefandezze indicibili, impensabili… ci fa capire che non abbiamo capito niente, che c’è tanta ignoranza nel senso di mancanza di conoscenza… 

Inneggiare ad un gruppo terroristico che ha compiuto e continua a compiere atti nefandi e crimini è una follia. Stiamo parlando di un ribaltamento completo dei ruoli. La vittima, l’ebreo che ha subito l’orrore del nazismo, viene accusata di essere nazista. Israele viene accusato di essere uno Stato genocida quando il genocidio l’hanno subito gli ebrei.

La Shoah, l’Olocausto, il genocidio è quello che ha subìto il popolo ebraico negli anni ‘40, sei milioni di ebrei assassinati nei campi di sterminio. Israele sta compiendo delle azioni a difesa della sua popolazione per reagire a un attacco terroristico. Inoltre è giusto ricordare che stiamo parlando di uno Stato democratico, che si confronta con un gruppo di terroristi.

Quindi c’è tanta demagogia, ma forse non si tratta soltanto di ragazzi, di studenti cui è stata raccontata una storia distorta. C’è dietro qualcos’altro, c’è un po’ di politica, forse di malafede. Anche i rettori delle università italiane che hanno permesso il boicottaggio di Israele sono un po’ complici. Dimenticano che le università sono luoghi di scambio, di dialogo, in cui violenza e censura non sono ammessi. Come possiamo commentare questi gravi atti anche da parte dei rettori?

Allora, partiamo da un commento positivo. Il Ministro della Ricerca, Bernini, ha preso una posizione forte e corretta di fronte a questi episodi. Riguardo al mondo universitario a cui fa riferimento, invece, dobbiamo ricordare che le università sono il tempio della crescita culturale che si ottiene con il dialogo. Le posizioni che abbiamo visto in varie università sono inaccettabili.

Sono stati censurati intellettuali ebrei a cui è stato vietato di parlare, ma anche non ebrei che sostenevano idee filo-israeliane. Si vuole imporre un pensiero unico che è esattamente l’opposto di quello che dovrebbe accadere nell’università. E poi un’ultima considerazione, sappiamo che diversi atenei in Italia stanno accrescendo la collaborazione con università di “stati canaglia” (che fomentano il terrorismo) come l’Iran. Inaccettabile che si collabori con le università degli Stati Canaglia e si voglia interrompere le collaborazioni con chi rappresenta il nostro stesso modello culturale…

Collaborazioni importanti, perché ricordiamo che Israele è all’avanguardia per quanto riguarda la ricerca, l’innovazione…

Sicuramente. C’è sempre stato un dialogo e una collaborazione molto proficua con le università italiane perché italiani e israeliani hanno culture molto affini.

Cosa pensa della comunità internazionale? Io credo che in questi anni si sarebbe dovuto fare di più in termini di diplomazia, cercare una risoluzione, non arrivare al 7 ottobre. Che ruolo ha oggi l’ONU ? Ha bisogno di una seria riforma?

L’ONU rappresenta un grande problema perché le posizioni che sta prendendo, non da oggi ma ormai da decenni, sono smaccatamente anti-israeliane.

L’Assemblea Generale ha votato per il riconoscimento della Palestina come stato membro delle Nazioni Unite…

Sì, tengo a precisare che anche questo è un episodio molto criticabile. Io sono rimasto profondamente interdetto. D’altra parte cerchiamo sempre un lato positivo. L’Italia si è astenuta…

Ma 143 Paesi hanno votato a favore…

Sì, 143 paesi. Esatto. È chiaro che Israele oggi si trova di fronte a posizioni non accettabili. Anche negli Stati Uniti c’è Biden che su alcune posizioni di Netanyahu riguardanti la guerra ha una visione critica. Ma ci sono anche altre voci.

Il sindaco di New York, Eric Adams, che pochi giorni fa è venuto a far visita alla Comunità Ebraica, ha dichiarato che lui pretende l’immediato ritorno a casa degli ostaggi e che si arrivi alla completa e totale distruzione di Hamas. Insomma, questa guerra c’è perché c’è Hamas, gruppo terroristico che ha attaccato Israele e che rifiuta di restituire gli ostaggi. Se gli ostaggi tornassero a casa domani, la guerra finirebbe immediatamente.

Questo è importante ribadirlo. Così come che Hamas, nel corso degli anni, ha preso i finanziamenti destinati agli aiuti umanitari per i rifornimenti bellici. I leader di Hamas non sono con il popolo palestinese a Gaza, ma nelle bellissime residenze del Qatar, per esempio… 

Il popolo palestinese è vittima di Hamas. La posizione di Hamas è chiara, Sinwar ha dichiarato apertamente che serve che scorra sangue di donne, di anziani, di bambini palestinesi affinché si rinvigorisca il fuoco della jihad, della guerra santa. La loro intenzione non è proteggere il popolo palestinese, non è farlo crescere, evolvere e migliorare. La loro intenzione è distruggere Israele e creare il terrore, creare una situazione di guerra continua nella quale loro individualmente possono prosperare e con loro i paesi come l’Iran.

Il fatto stesso di aver tenuto la popolazione nei campi profughi per decenni è qualcosa di mai visto. Ma non è Israele il colpevole, è il mondo arabo oltranzista, che li vede come un’arma di ricatto, una spina nel cuore di Israele per tentare di arrivare alla sua distruzione.

 

Hamas inculca ai bambini palestinesi, anche molto piccoli, l’odio verso Israele. Danno loro le armi da usare contro i nemici ebrei. Anche lì c’è una mistificazione della realtà. Hamas fa apparire Israele responsabile della grave situazione di degrado in cui vivono.

Esatto. I responsabili delle loro condizioni sono Hamas ed il mondo integralista arabo. Sono quelli che dichiarano che Israele non è neanche chiamato Israele, ma “entità sionista” non riconoscono al Paese neanche la dignità del suo nome.

Quindi capiamo come primario interesse del popolo palestinese sia la distruzione di Hamas. Ma al contempo avere una leadership nuova, un’alternativa che dia stabilità e sicurezza . Crede ancora alla soluzione dei “due popoli, due Stati”?

Due popoli, due Stati. È qualcosa che in molti vogliono ed è qualcosa che Israele ha più volte offerto al mondo arabo, e ai palestinesi soprattutto. Ma in realtà sono i palestinesi ad aver sempre rifiutato questa soluzione, perché il loro vero interesse è appunto quello di arrivare all’eliminazione di Israele.

Israele nel 2005 ha restituito ai palestinesi il territorio di Gaza, una prova di fiducia verso i palestinesi. Nelle elezioni ha vinto Hamas e quello che ha fatto è stato distruggere fisicamente quindi uccidere tutta quella che era la nomenclatura precedente, i partiti di opposizione. Gli oppositori sono stati letteralmente buttati giù dai tetti dei palazzi per eliminare qualsiasi eventuale diversa opinione nel Paese.

Dopodiché si è cominciato un lavoro per trasformare Gaza in una base terroristica. La volontà, il sogno degli israeliani era che gli abitanti di Gaza facessero fiorire questo territorio, avere dei fratelli oltre confine con cui costruire una nuova vita, una pace e un mondo più bello per tutti, più sicuro per tutti.

Invece i terroristi di Hamas hanno costruito un intero nuovo paese sottoterra per attaccare e massacrare gli israeliani. Il sogno degli israeliani era che tutto il denaro arrivato dall’Unione Europea e dal mondo fosse investito per aiutare i palestinesi. Creare una Montecarlo del Medio Oriente confinante con Israele, con un mare meraviglioso davanti. Ma questo non è avvenuto. Tutto questo denaro non è stato utilizzato per migliorare il paese, creare scuole, servizi, attività economiche che dessero un futuro migliore a questa popolazione. Si è creata purtroppo una base di terrorismo.

La drammatica situazione in cui Hamas ha costretto i palestinesi a Gaza purtroppo ha condizionato anche il pensiero di tutto il mondo, creando problemi dappertutto alle comunità ebraiche, anche a Roma. Voi siete preoccupati? Avete paura di attentati terroristici?

Rispondo con le parole che ci ha detto Ilan Regev, un israeliano che è venuto a trovarci a Roma. Padre di due figli di 18 e 19 anni rapiti il 7 ottobre al Supernova Festival. Lui è uno dei pochi fortunati che ha riavuto indietro i suoi figli. Alla domanda “tu hai avuto paura?” ha risposto: “Chi crede non ha paura. Noi crediamo profondamente, in senso religioso, ma anche umanamente, socialmente, che si possa davvero costruire un mondo con delle basi migliori di quello in cui ci troviamo in questo momento. Non abbiamo paura, abbiamo fede e abbiamo una forte speranza che le cose possano migliorare.

Quindi i valori, la speranza e la solidarietà delle persone che non vi fanno mancare il loro sostegno.

Certamente.

Grazie Presidente. 

Grazie a te Claudia