Claudia Conte, giornalista, conduttrice e opinionista tv, da sempre attenta alla responsabilità sociale, è in prima linea per la tutela dei diritti umani e per le politiche giovanili e contro ogni forma di violenza. Tra le sue pubblicazioni, La legge del cuore e Il vino e le rose per Armando Curcio Editore. Adesso torna in libreria con La voce di Iside (Readaction, 2024).

Iside è una ragazza da poco maggiorenne e da sempre una lettrice appassionata, grazie anche ai consigli di Franca, la bibliotecaria del centro civico, che con la sua esperienza l’ha saputa accompagnare in una transizione dal genere fantasy e horror a una letteratura psicologia più da adulti.
Un equilibrio, purtroppo, messo in difficolta dall’isolamento sociale imposto dal Covid, dalla morte del nonno paterno e da un trasloco traumatico in un altro quartiere milanese, che a sua volta ha messo crisi la relazione tra i suoi genitori. Iside, come purtroppo capita a molte adolescenti, si allontana dai coetanei e gradualmente dalla famiglia, dai suoi genitori, Luca e Clara, e dal fratello Milo, e la sua sensibilità la conduce a un mutismo selettivo impenetrabile.
Tuttavia un evento fortuito la porterà ad imbattersi in quella che riconoscerà essere la sua missione, dedicarsi alle persone in difficoltà, missione che le darà la forza di rileggere gli avvenimenti recentemente subiti che hanno sconvolto l’esistenza della sua famiglia. E tra le tante associazioni che fanno parte del Centro di Servizio per il Volontariato deciderà di contattarne una la cui principale missione è l’accoglienza di donne che sono state vittima di violenza familiare. Un dramma che, come lei stessa avrà modo di rendersi conto, apparentemente riguarda solo le donne straniere, mentre in realtà tutte le donne possono esserne vittime a prescindere dalla classe sociale, economica, culturale o dalla nazionalità.

Scritto in un linguaggio semplice e profondo, La voce di Iside parla soprattutto dell’introspezione e la voce narrante del romanzo, quella della protagonista, accompagna il lettore alla graduale consapevolezza di quanto la questione di genere e i diritti negati siano temi irrisolti, anche nel nostro paese e nelle società considerate evolute.
La storia è raccontata in prima persona, consentendo in questo modo al lettore di immedesimarsi in modo perfetto nei sentimenti di una giovane ipersensibile ma al tempo stesso pratica e fattiva. Un’opera scorrevole ma al tempo stesso profonda, che sollecita il lettore a riflettere sul senso della pandemia e più in generale sulla mancanza di dialogo che si incontra nella società e nelle reazioni personali.

Ma soprattutto il valore di questo libro si esprime nel coinvolgimento dell’autrice con ciò che indaga, nell’evidente partecipazione personale ed emotiva che la lega agli argomenti affrontati e più ancora nella soluzione. Perché la pandemia e l’isolamento che ne è derivato hanno prodotto un dramma, ma come tutte le crisi hanno potuto trasformarsi in molti casi in una preziosa occasione per rimettere in questione un intero sistema generazionale di disuguaglianze al quale la società si è assuefatta.

Nella realizzazione di questo romanzo, Claudia Conte ha voluto attenersi strettamente a date, fatti di cronaca e persino storie reali, collocandole in un tempo e in uno preciso spazio geografico. Un libro sviluppato più come documentario che come una fiction, grazie al contributo degli esperti del Centro Ricerche Etno Antropologiche che l’hanno affiancata nella raccolta dei materiali e nella revisione dei riferimenti geo-etnografici contenuti nell’opera. E al contributo delle molte donne che ha incontrato, le quali le hanno raccontato la loro esperienza (nel libro sono presenti alcune testimonianze) e le hanno insegnato che

non esiste sofferenza che non possa essere affrontata e soprattutto che abbiamo il diritto di continuare a sperare.